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In Memoriam

GIOVANNI OLIVARES

Doyen de la Chapelle des Carmes. Giovanni Olivares. 1911-2017.
Né à Milan. Docteur en Droit. Notaire de profession. Il a exercé en Italie des charges politiques et institutionnelles. Ufficiale di Cavalleria durante la Seconda Guerra Mondiale. Commendatore dell'Ordine della Repubblica Italiana. Commendatore dell'Ordine del Santo Sepolcro. Résident à Monaco depuis 40 ans. Mort à l’âge de 106 ans.

Marito esemplare e padre dolcissimo, ha saputo trasmettere a tutta la famiglia e alla sua discendenza grandi valori di moralità, profonda onestà e luminosa fede. Pensiamo alla sua vita di pregiera e alla sua generosità di spirito e di cuore verso tutti.
Il suo motto era il proverbio latino “Est Modus in rebus”: vivere senza spingere al massimo. Modération en toutes choses.

“Con la mia moglie, Jusy, ho trascorso 75 anni di matrimonio (noces de albâtre – nozze di alabastro), avendola sposata ventenne ed ancora minorenne, perché ero innamorato e timoroso che le venissero sequestrati i beni in quanto era di origine ebraica! ».

Giovanni Olivares nous a laissé une importante production littéraire. Dès son arrivée en Principauté il écrivait systématiquement un livre par an : “Vi racconto episodi del mio vissuto, incontri con personalità e scambi di opinioni su larga scala filosofica”.

Répresentant des fidèles et orateur lors des discours officiels. Président des “Amis de la Chapelle.” Collectionneur d’oeuvres d’art, et peintre averti lui-même, il maîtrisait parfaitement la technique picturale à l’encre de chine. La salle de réunion de la Chapelle des Carmes est décorée de ses nombreux tableaux. Personalità attachante. Ciao, Giovanni.

ADRIANA BEGHÉ

IN RICORDO DI ADRIANA LORETI BEGHÈ

“Lei non cammina, marcia”. Così, il 5 maggio 1996, esordiva l’articolo dedicato da la Repubblica ad Adriana Loreti Beghè, considerata in quegli anni tra le più influenti “donne leader” della Capitale e ministro designato per gli affari sociali nel governo tecnico – rimasto poi sulla carta – di Antonio Maccanico.
E che Adriana Loreti Beghè marciasse, anziché camminare, andando dritta per la sua strada e senza mai perdere di vista l’obiettivo da conseguire, lo sanno bene quanti hanno avuto modo di saggiare il suo carattere volitivo e, quando necessario, battagliero. Di quel carattere diede prova in numerose circostanze, ma mi piace ricordarne una in particolare: in qualità di presidente della Sezione italiana del Servizio Sociale Internazionale, si trovò a dover sollecitare, presso il Ministero degli Affari Esteri, il finanziamento dovuto al Servizio Sociale dal Governo italiano e, di fronte a più o meno velate allusioni circa la possibile duplicazione di ruolo e di competenze tra il Ministero ed il Servizio, non esitò a noleggiare (a sue spese) un camion per trasportare di gran carriera alla Farnesina le pratiche di adozione in quel momento all’esame del Servizio Sociale. Il finanziamento governativo non tardò ad arrivare.
A tanta fermezza Adriana Loreti Beghè univa, però, una dolcezza ed una carica di umanità nota solo a quanti hanno avuto il privilegio di frequentarla e di riscaldarsi, da vicino, alla fiamma della sua spontanea, materna generosità.
Figlia di Mario Loreti, architetto celebre già negli anni Trenta (suoi sono, tra i tanti, gli edifici degli alberghi Mediterraneo ed Hassler di Roma), Adriana si era laureata con lode alla Sapienza nel 1953, discutendo con Arturo Carlo Jemolo una tesi sulla trascrizione del matrimonio civile, ed aveva conseguito l’abilitazione professionale nel 1955, esercitando per un certo periodo l’avvocatura nello studio romano dell’avv. Carlo Belli. Dopo che un primo intervento chirurgico l’aveva costretta ad rinunciare – non senza rimpianti – ai ritmi lavorativi imposti dalla professione forense, aveva iniziato a collaborare con Giacinto Bosco nel 1958: assistente straordinario nel 1959, assistente ordinario nel 1963, libero docente di Organizzazione internazionale nel 1968 e professore incaricato di Diritto internazionale nel 1970, pochi anni dopo aveva assunto la direzione dell’Istituto di diritto internazionale della Facoltà di Economia della Sapienza, incarico che avrebbe conservato a lungo e riassunto a più riprese (1978-79; 1981-84; 1988-92; 1994-2001). In questa veste Adriana Loreti Beghè ha fornito contributi fondamentali e, soprattutto, concreti allo sviluppo delle discipline internazionalistiche della Facoltà, ad esempio individuando personalmente – con l’abituale dinamismo ed il consueto buon gusto – i locali che avrebbero ospitato, in Piazza Cairoli, la sede della costituenda Scuola di perfezionamento in studi europei.
Significativa è stata anche l’esperienza accademica maturata all’estero e, in particolare, negli Stati Uniti d’America. Vincitrice di una borsa di studio Fullbright-Hays nel 1966, trascorse un primo periodo a Dallas, presso l’Academy of International Law e l’International and Comparative Law Center della Università del Texas, per poi tornare negli Stati Uniti, in qualità di Visiting Professor, due volte: una priva volta a New York nel 1977 presso la Cornell Law School ed una seconda volta, sempre a New York, nel 1979 presso la Columbia University.
Ma gli impegni di Adriana Loreti Beghè non terminavano mai con – e per – l’Università. Molto vicina ai problemi ed alle esigenze dell’infanzia e dei minori, aveva profuso la sua energia e la sua determinazione anche nel campo dell’adozione internazionale. Componente, fin dal 1979, del Comitato esecutivo del Servizio Sociale Internazionale, di questo organismo era stata Vice presidente internazionale (1986-1988) e, come già ricordato, Vice Presidente (1984-1990) e Presidente della Sezione italiana (1990- 1996), per poi essere nominata Responsabile dell’Osservatorio nazionale sui minori della Presidenza del Consiglio dei Ministri (1995-1997). In questo campo Adriana Loreti Beghè ha fornito contributi rilevanti, anche sul piano della produzione scientifica, partecipando tra l’altro, in qualità di componente del Consiglio scientifico del Comitato italiano per l’UNICEF, al negoziato della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo.
Conclusa l’esperienza istituzionale nel settore dell’adozione internazionale – settore da cui aveva gradualmente preso le distanze in ragione della proliferazione di organismi privati e della diffusione di dinamiche imprenditoriali da Lei non condivisi – Adriana Loreti Beghè si era tuffata con il consueto, contagioso entusiasmo in un campo del tutto nuovo: la bioetica. Componente dal 1992 e poi, dal 1996, Vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si era avvalsa di un patrimonio di competenze “indirette” (suo marito, Raoul Beghè, era stato pioniere della rianimazione in Italia; suo grande amico era il ginecologo e senatore Adriano Bompiani) per coniugare la cultura medica propria alla grande maggioranza dei membri del Comitato con la cultura giuridica internazionalistica, in un momento in cui il clima politico che circondava, in Italia, i lavori della Convenzione di Oviedo sulla biomedicina – al cui negoziato era stata delegata a partecipare per conto del Governo – non favoriva le condizioni per il recepimento della Convenzione medesima, recepimento ancora oggi rimasto inattuato. Nel campo della bioetica e del biodiritto – che, successivamente, si è prestato ad ampie strumentalizzazioni scientifiche, mediatiche e politiche – la voce di Adriana Loreti Beghè si è sempre levata pacata e, soprattutto, disinteressata. Chi l’ha frequentata in quegli anni ha avuto modo più volte di stupirsi del distacco con cui accettava, ad esempio, di rilasciare interviste radiofoniche o televisive, proprio quando la bioetica si prestava a costruire, con quegli stessi strumenti di comunicazione, visibilità e “protagonismi” professionali.
Questo era il carattere, e la forza d’animo, di Adriana Loreti Beghè. In fondo una sorta di abito mentale (se si pensa che, giovane eroina nel 1940 – aveva salvato un’altra bambina nel mare di Anzio – non volle essere ritratta da Achille Beltrame per la copertina de La Domenica del Corriere), abito che non dismetteva neppure in ambienti più mondani e “salottieri” (presidente del Club romano del Soroptimist International nel 1970, è stata la prima donna ammessa al Rotary Club di Roma).
Ricordando l’espressione usata dagli Alpini per indicare la scomparsa di un commilitone (“è andato avanti”, dicono sbrigativamente ed affettuosamente), voglio immaginare che Adriana Loreti Beghè – con il suo rigore morale, le sue buone maniere e le sue buone tradizioni – marcia, e non cammina, in testa alla fila.
LUCA MARINI

SALVADOR ORLANDO

Ti conosciamo personalmente da molti anni. Quando ci offristi la tua amicizia eravamo sicuri di aver incontrato in te la persona che meglio rappresentava “el gran señor español”: verace, gentiluomo, sicuramente degno di credito, nobile e leale…, tratti autentici e genuini che suscitavano ammirazione.

Una persona che offre amicizia e mai la toglie, anzi la incrementa. La persona che lascia al suo passaggio una traccia di simpatia e di sincera amicizia.

Salvador, l’ultima volta che ci siamo incontrati, ti ho guardato negli occhi e vi ho letto l’integrità di un uomo di esperienza, e sereno. Ho guardato i tuoi occhi, così cordiali, così autentici.
Salvador, quanto amo la conoscenza della vita che i tuoi occhi mi hanno rivelato. Continuerai a vivere, in un altro modo, dentro di noi. È nostro impegno ora far sì che il tuo ricordo rimanga impresso dentro di noi.

CHARLOTTE HENTSCH

2005. 16 Juillet.
Fête de N.D. du Mont-Carmel… Décès de Mme Charlotte Hentsch…, notre sacristaine.
Elle nous a montré le chemin qui conduit à cette fournaise divine de la présence de Dieu en son propre cœur ; ce chemin c’est l’abandon du petit enfant qui s’endort sans crainte dans les bras du Père ; de son père…
« Je suis très fatiguée », disait-elle quelque fois dernièrement… Et je pensais en moi-même : « C’est bien vrai, oui. Madame Hentsch était comme un pèlerin fatigué, harassé, qui tombe en arrivant à la fin de son voyage. Mais c’est dans les bras du bon Dieu qu’elle tombe… »
Je sais que Madame Hentsch était prête au « face à face éternel », dont elle avait déjà sûrement pressenti les merveilles sur la terre. Maintenant elle est dans la pleine lumière. Vous avez fait de cette Chapelle un lieu d’accueil, une maison de concorde et de compréhension… Et de prière fidèle.
1958-2005. Chers Pères Carmes…, mes Pères Carmes. 1958-2005. Tous ces jours. Toutes ces prévisions…, préoccupations. Et quelques angoisses retenues. Et tant de clins d’oeil complices. Le chemin que j’ai fait avec vous a été dur. Heureux aussi…
La puissante explosion d’émotion que je ressens quand je vous contemple aujourd’hui... Quelque part de moi même à la possibilité de survivre en vous après ma disparition ; et même, je pourrais me multiplier de façon qu’il y aurait un peu de mon être dans votre futur immédiat et à venir. Et cette idée me plaît. Je vous fais confiance.
Peut-être ma vie aurait été plus tranquille sans vous. Mais alors elle aurait été aussi plus opaque et plus éteinte ! Qu’est-ce qu’il y a de plus heureux que d’avoir offert une partie de ma vie pour la chapelle avec vous tous?
Devant vous, Pères, et devant tous les amis de la Chapelle se présente maintenant une tache fascinante : Vous avez tous en vous mêmes une force infinie, une force explosive, folle, qui vous permettra de vous dépasser en vue d’agir en faveur des causes nobles et justes de la Chapelle.
Madame Hentsch, Si vous aviez été un arbre…, chêne, planté face au soleil. Si vous aviez été un rocher…, monument. Si vous aviez été matière., un rouleau compresseur. Si vous aviez été une qualité…, ténacité. Mais non, ce n’est pas assez : Délicatesse, rigueur méthodique, méticulosité. Pas de concession à la galerie : amour, dévouement, passion et rage. Discrétion, silence, humilité. Efficacité.

Efficace. Terriblement efficace. Bien supérieure dans vos forces physiques et réalisations pratiques à ce qu’on appelle maintenant « le sport de l’extrême »…
Mais vous avez été bien plus que ces éléments naturels. Vous avez représenté le cœur, le bouclier, l’âme, la pierre angulaire de notre chapelle : la Chapelle des Carmes, votre chapelle. Allant au devant de nos besoins. Intuition.
Presque 50 ans de loyauté inaltérable. Pensant toujours 2 fois : Une pour vous ; l’autre pour nous. Vous aviez décidé de vivre à pleine mesure votre rôle de « servante du Seigneur ».
16 Juillet 2005. Samedi dernier. Fête de Notre Dame du Mont Carmel. Patronne des Carmes. La plus grande fête de cette chapelle. J’étais loin de Monaco. Coup de téléphone tard, le soir. Avec un langage ferme et viril ; presque militarisé : « Je vous donne les dernières nouvelles de la Chapelle : La Vierge Marie a été fêtée avec tous les honneurs. Les fleurs étaient une splendeur. Les fidèles ont chanté avec enthousiasme. Tout s’est déroulé parfaitement. Ambiance de ferveur à la Chapelle. On a fait de notre mieux. La Vierge a eu une très belle fête et vous devez être bien content. Je suis fatiguée. Probablement je ne pourrais plus retourner à la Chapelle. Mais tout est prêt et en ordre pour demain, dimanche ».
C’était la définition de sa personnalité. Fierté contenue. Dignité du travail accompli. « Tout est prêt pour demain », c’était l’annonce de son départ devant le Seigneur. Ses derniers mots humains. Maintenant elle dialogue avec la divinité. On s’est tous trompé sur vous : On aurait voulu que vous soyez presque impérissable... Vous n’êtes pas immortelle. Maintenant, vous êtes éternelle.
Dans les moments angoissants de survie de notre chapelle, vous même l’aviez dit : la Chapelle ne se détruit pas… Elle se transporte. Ainsi, maintenant, une partie intégrante de notre chapelle est en chemin. Elle va vers l’invisible. Et nous qui restons ici bas, nous nous sentons épaulés, protégés et inspirés par celle qui est partie.
Mais il faut se faire à l’idée de ne plus vous voir. Et, comme cela sera difficile !! Devant le travail et les activités qui nous attendent maintenant, on n’est pas prêt de vous oublier facilement. Peut-être trouverons-nous une étincelle de votre présence au fond de notre cœur. Peut-être commençons-nous déjà à sentir les vibrations de votre action dans l’arc en ciel de notre existence...